LO SGUARDO NOMADE / 10. – 25.10.2015 / Spazio NATTA / Como

LO SGURADO NOMADE /
DER NOMADISCHE BLICK

Paola Albroghetti and Eckehard Fuchs 
10. – 25. October 2015

SPAZIO NATTA / Como, Via Natta 18

Opening: 10.10.2015 / 6 pm 

WED – FRI : 2 pm  7 pm
SAT – SUN : 11 am – 7 pm


testo critico a cura di Alice Ginaldi


Ieri sfogliavo un catalogo su Monet.
Ho improvvisamente visto i suoi dipinti sotto una nuova luce.
Quasi mi vergognavo di quello che stavo pensando.
L'ho colto come un artista affatto istintivo e fresco nella stesura dei suoi attimi fuggenti. L'ho sentito come un freddo calcolatore, un uomo che ha sancito il tripudio del realismo pittorico, ossessionato dalla percezione visiva come il più astuto di tutti i vedutisti, di tutti i copiatori iperrealisti di fotografie. Che spettacolo le sue ninfee, ma frutto di un giardino che si era costruito a Giverny... una natura morta, viva, una mise en abyme della vita vera, un teatrino. Stupenda la cattedrale di Rouen. Monet si era affittato una stanza lì di fronte per poterla ritrarre. Me lo sono visto mentre si puntava una sveglia per coglierla nell'ora giusta, magari calcolando al minuto il tramonto che il sole avrebbe avuto quel giorno.
Così l'ho visto ieri, così l'ho immaginato, continuando ugualmente a godere nel guardare i suoi capolavori.

Sono da subito rimasta piacevolmente colpita dal titolo della mostra, Lo sguardo nomade, proposto dai due artisti. Non è semplice scegliere il titolo di una mostra che rischia sempre di essere banale, “modaiolo”, o in qualche modo fuori tema, portando suggestioni ricche di fascino che, in realtà, poco o nulla c'entrano con quello che si va poi ad esporre. La più grande difficoltà sta proprio nell'essere semplici e comprensibili centrando appieno l'argomento in questione. Loro ci sono riusciti e, in più, in questo breve titolo così edificante, raccontano persino moltissimo di loro come artisti e come persone.
Dai loro racconti sulla loro vita errante degli ultimi anni e sulla loro contestuale e lucida consapevolezza di ciò che questo può comportare a livello esperienziale, ho immediatamente ricordato le letture su Piaget e le sue teorie al proposito. L'innalzamento della qualità della vita di ogni essere umano è possibile grazie all'adattamento all'ambiente, mediante due processi complementari: l'assimilazione e l'accomodamento. L'assimilazione consiste nell'assorbimento degli stimoli esterni attraverso il filtro di strutture mentali precostituite; l'accomodamento è la successiva modifica di queste strutture per l'accoglienza di nuovi oggetti o eventi fino a quel momento sconosciuti. Ebbene questi due meravigliosi processi si alternano in noi alla ricerca di un equilibrio fluttuante, detto omeostasi, che ci permette di attuare una forma di controllo sul mondo esterno.
A tal proposito, e riallacciandomi all'incipit del testo, penso spesso a quello che mi accade ristudiando molte volte la storia dell'arte. È un fenomeno davvero curioso che, immagino, ognuno di noi ha sperimentato, in diversi ambiti, almeno una volta nella vita: modificare il giudizio estetico su un fenomeno conosciuto, nel mio caso un dipinto o un artista famoso, rivisto e ripensato a distanza di tempo. Questo significa che le nostre esperienze quotidiane, anche quelle apparentemente banali, ci scavano nel profondo, modificandoci con una forza endogena invisibile quanto potente.
Questo fenomeno, nel caso Paola ed Eckehard che hanno fatto del rinnovamento esperienziale uno stile di vita, ha permesso alla loro pittura di arricchirsi incessantemente di stimoli, tanto da diventare ognuna un'onda in movimento continuo. Un movimento incostante, a volte tumultuoso, a volte impercettibile. Il ricco bagaglio visivo di cui si sono fatti carico, ancor più alimentato da infrastrutture culturali d'origine molto diverse ma condivise, imprime ai loro lavori il fascino suggestivo di un'opera d'arte che non è possibile cogliere fino in fondo perché mentre da un lato ci rassicura, dall'altro si svela misteriosamente.

Il lauto universo di Paola Alborghetti si svolge su un'alternanza di molteplici registri pittorici. La figurazione c'è, esiste, pur essendo deprecata da una stesura giocosa e libera, fatta di sovrapposizioni geometriche a plàt tipo “tangram” pastello, di coriandoli cromatici, di concrezioni pittoriche. L'aneddotico è come spinto in un mondo immaginifico, segregato in una favola pittorica che restituisce una forte vivacità propulsiva. Interessante l'uso della tavolozza dei bruni che sciolgono il mondo carnevalesco dei colori, riportandolo su registri più sobri e restituendo al dipinto un'equilibrata dignità. L'onda in movimento della sua pittura abbraccia oggetti dal sapore esotico, materiali terrosi e soprattutto si interessa a soluzioni tecniche volte a restituire differenti sensazioni tattili. La superficie è combattuta tra il mostrare il supporto o celarlo, tra il dispiegarsi liscia o l'arricciarsi sotto agglomerati materici, tra il farsi graffiare o l'essere riparata da collage.

La ricerca artistica di Eckehard Fuchs sembra approdare ad esiti estremamente eterogenei, pur mantenendo con grande lucidità un'estetica ferrea. La parte della produzione pittorica più tradizionale contempla dipinti che abbracciano un tipo di ricerca pittorica che si concede ad una trasgressiva espressività. La stesura cromatica, accesa e lussuosa, è segnata da forti linee di contorno che spezzano il dipinto frantumandolo in tagli di luci e ombre cangianti. È come se da questi lavori si scatenasse una grande energia, la cosiddetta vis creativa, in grado di avvicinare la storia e il presente, accostando sensibilità e citazioni di grandi opere d'arte del passato con una nuova estetica formale. L'altra parte della produzione di Eckehard è improntata su un ventaglio di ricerche sperimentali. Queste si concentrano, da un lato sul significato dell'inserimento dell'opera nello spazio, mediante soluzioni di “impalcature” per quadri / sculture tattili, dall'altro lato riflettono sul supporto stesso della pittura, giungendo ad esiti alternativi alla classica tela in grado di far ripensare al significato stesso di dipinto.

Alice Ginaldi 








comunicato stampa